martedì 29 novembre 2011

a scuola dalla natura

sovente trovo una più articolata bellezza - sotto forma di armonie e contrasti di colori e forme e consistenza di petali e foglie...




scopro una maggiore ricchezza - come numero e varietà di specie che si succedono nel tempo e nello spazio...

mi stupisco di un più raffinato e squisito piacere - derivante da accostamenti inaspettati e sorprendenti...

ecco, mi rendo conto di tutto questo fermento e avvicendarsi di vita in un terreno marginale, una scarpata, un'aiuola dimenticata in cui ci si limita a pochi sfalci d'erba all'anno, il minimo perché non si inselvatichisca del tutto, che nel più viziato e coccolato di quei giardini mantenuti in perfetto ordine per essere sempre presentabili, come se sempre dovesse arrivare la suocera da un momento all'altro!

ebbene, progettisti del verde, giardinieri e appassionati di piante, accorrete: venite a imparare la bellezza  da un pezzo di terra che sia lasciato libero di esprimersi ogni tanto.

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allo stesso modo, scopro un calore e un guizzo di autenticità, la spontaneità di un sorriso, la sfrontatezza della verità e talora l'impagabile malinconia di uno sguardo in quanti si trovano a vivere, per scelta, ai margini della società. dis-adattati, conformi soltanto a se stessi, coraggiosi, gagliardi. con qualche spina sì, da stare attenti, ma che freschezza!

domenica 13 novembre 2011

natura urbana

Anche sul mio terrazzo è arrivato l'autunno e con le foglie se vanno anche gli ultimi fiori.

punti di vista

Davanti alla New Tate Gallery di Londra, sulle sponde del fiume Tamigi, hanno piantato un boschetto di betulle. Passavo di lì una sera di primavera di qualche anno fa quando vidi questa ragazza seduta lì al tramonto. Ho associato questa immagine all'intervista a un'antropologa che ha girato il mondo studiando popoli diversi da noi, popoli che vivono il mondo in maniera diversa da noi. A un certo punto dice...

"Gli  chiedo di raccontarmi le loro storie, le fiabe che arricchiscono la loro vita. C'è spesso una strega, un principe e una bella ragazza - non sempre però finiscono, come da noi, con un matrimonio e vissero felici e contenti per il resto dei loro giorni. In Laos, per esempio, la ragazza muore alla fine e si trasforma in un albero frondoso, per dire, o in un pesce. Un po' sono triste per la ragazza e gli dico - peccato, però, che la ragazza non sposi il suo principe...

Allora mi guardano stupiti - come, non capisci? si trasforma in un pesce tutto pieno di colori!

un pomeriggio di tarda estate, un giardino

Ci sono giardini che aspiriamo a visitare dal primo giorno in cui apprendiamo della loro esistenza. Si imprimono nella lista delle nostre aspirazioni turistico botaniche e lavorano di sottecchi, riapparendo nelle nostre letture, sugli schermi dei nostri computer e nella nostra mente, alcuni ce li sognamo anche! fino a quando non arrivano in cima e "dobbiamo" visitarli.

Il giardino di Piet Oudolf è in qualche misura uno di questi luoghi per me e a settembre quest'anno ho avuto l'occasione di recarmi a Hummelo per visitarlo. Immancabilmente laddove si crea una forte aspettativa è alto il rischio di delusioni. E in effetti mi aspettavo la perfezione. Sono contento di aver trovato un giardino.

La storia del giardino è ben documentata dal suo stesso autore che ne ha fatto un campo di prova, un laboratorio per sperimentare le soluzioni e le piante che via via andava testando per le sue creazioni, e anche un vivaio per un certo periodo, per allevare in proprio, verificare le caratteristiche, attitudini ed esigenze, di un'intera gamma di piante precedentemente poco usata all'interno dei giardini. In diversi dei suoi libri vediamo immagini del giardino appena piantato e via via più maturo. 

Laddove inizialmente, nel grande parterre che costituisce il pezzo forte del giardino a sud dell'abitazione, un largo spazio era ancora lasciato a tappeto erboso e la "composizione" era cadenzata da totem di tasso topiati in forma di cilindri, e le "nuove perenni" - le specie che Oudolf ha portato alla ribalta in giardino e per le quali è giustamente famoso - facevano la loro comparsa rimanendo confinate sui bordi e affacciandosi, per così dire, al giardino spalleggiate dalle siepi perimetrali, oggi tutto lo spazio a disposizione è occupato da questa distesa di erbe che montano spumeggianti e si distendono, si ritirano e investono a ondate il visitatore nel tentativo di avvincerlo anche fisicamente e conquistarlo così alla loro esuberante e rustica bellezza.

Fa da contrappunto a questa zona la parte più prossima all'abitazione, in cui è il vuoto a farla da padrone. Un tappeto erboso occupa esesamente lo spazio accortamente suddiviso in senso diagonale da un vialetto in beole che ha per meta diverse formazioni "geometriche" molto ben definite di tasso e altre erbe dalla forte struttura. 

Un tunnel di carpino e siepi di tasso suddividono ulteriomente lo spazio connettendo, introducendo, occultando le diverse parti del giardino accessibili da qui.

Alcuni alberi, un pero vetusto, danno slencio verticale alla composizione. Le "nuove perenni", in questo caso, sono rimaste entro i confini delle bordure, per quanto comincino a starci un po' strette. Sia qui che nel grande parterre, l'impressione è che ci sia bisogno di intervenire con un bel diradamento. E' illusorio pensare che esista un giardino, per quanto siano rustiche e ben adattate le piante che impiego, che non abbia bisogno di una certa manutenzione.

Diversa la situazione della zona a nord dell'abitazione dove un tempo si trovava il vivaio degli Oudolf è oggi ospita lo studio del paesaggista. Anche qui il giardino è definito da un sistema ben delineato di siepi e muri che fanno da quinte e schermi e offrono il giusto contenimento a un prato dal sapore spontaneo e ancora fresco di  realizzazione. Oltre le siepi i campi e mandrie di placide frisone al pascolo.

giovedì 3 novembre 2011

il giardino prateria di Piet Oudolf

Negli ultimi vent'anni Piet Oudolf è stato il motore e promotore di una rivoluzione in giardino, proprio come agli inizi del secolo scorso Gertrude Jeckyll.


Entrambi hanno dato il loro contributo per rivedere, revisionare l'idea di bellezza e ordine all'interno del giardino. Entrambi hanno testato, sperimentato e selezionato un'intera gamma di "nuove" piante atte a trasportare in giardino la magia e la suggestione delle consociazioni naturali.


Un pomeriggio di tarda estate a Hummelo, quest'anno, mi ha dato l'occasione di aggirarmi stupito in mezzo a questo capolavoro vivente.


Un arazzo fatto di così tante specie diverse raggruppate in masse generose e tanto sapientemente combinate fra loro, per varietà di forme e colori, da darti l'impressione di un'unica grande coperta distesa per l'intera superficie del giardino, una soffice trapunta rimboccata su tutti i lati da siepi sempreverdi foggiate ad arte a forma di cuscini.
Come sempre in giardino, l'esperienza è una in grado di appagare tutti i sensi. Qui, più che altrove, è facile perdersi fra nuvole di erbe che ti sfiorano mentre cammini e ondeggiano al più sottile alito di vento.

La vista è sollecitata a trovare un nuovo ordine, tanto complesso e sottile quanto appare spontaneo e casuale. Le armonie di colori, i contrasti di forme e tessiture, l'equilibrio delle proporzioni, tutto contribuisce all'estrema raffinatezza della composizione.

Mi chiedo ancora, osservando nuovamente queste immagini, come un tale, sofisticato esercizio di addomesticamento della natura possa riuscire in una così suggestiva illusione di selvatichezza.


...e questo è il mistero di ogni vero giardino.

martedì 1 novembre 2011

la strada di tutti i giorni

hai mai fatto caso a quell'aiuola spartitraffico invasa dalle erbacce lungo la strada che fai tutti i giorni per andare a lavoro? hai mai notato, al suo interno, il succedersi delle forme e dei colori via via che sfrecci sulla tua auto? ti sei mai chiesto il senso di questo alternarsi fra foglie scure e vaporose trasparenze nel corso delle stagioni?



se un giorno ti va e hai tempo, scendi dall'auto e la osservi da vicino. ti sorprendi ancora una volta, scoprendo quante diversi insetti e piante convivono in uno spazio così ristretto, come una'iuola spartitraffico... è come un Ostello! in questo momento ci sono verbasco, romice e meliloto; malva, avena, speronella e carota. tutte insieme. e ci ho visto la cavolaia, l'osmia e il bombo. chissà la sera come si popola di altri ospiti!questo è un pezzo di "paesaggio" scampato alla cementificazione e all'asfaltizzazione e, non da ultimo, alla pratizzazione "all'inglese" - vera desertificazione in forma di fili d'erba...questa è la superficie della terra e quello che ne facciamo dice un sacco di cose di noi altri "umani".

giovedì 15 settembre 2011

Amsterdam e il giardino diffuso

Primo pomeriggio di un paio di giorni alla scoperta di una città sconosciuta. Mi avventuro per le strade del quartiere Jordaan. Sopresa: niente turisti, niente biciclette che ti sfrecciano affianco peggio delle automobili, niente miasmi da coffee shop. Mi riprendo dall'impatto iniziale con Amsterdam, la città più... adolescenziale che abbia conosciuto! Fra le strade di questo quartiere, che corrono parallele fra loro e si intersecano ortogonalmente, è facile perdersi.

Le facciate delle case si susseguono ordinate una dietro all'altra. A distinguerle piccoli "giardini di strada" improvvisati a ridosso degli edifici. Si tratta di piccoli spazi, spesso soltanto dei ritagli di terra a destra e sinistra delle porte di ingresso. Eppure quante piante ci possono stare! e non solo, ognuno di questi piccoli - a volte davvero minuscoli - giardini è spesso arricchito di una panchina, una scultura, talvolta addirittura un tavolino con un paio di sedie.

Qui le strade sono spesso strette e la luce cade radente sulla facciata degli edifici e quasi ogni ingresso è accompagnato da qualche pianta. L'insieme ha qualcosa di aggraziato e gioioso e vagamente malinconico come la canzone di un signore che, cantando, fila via in bicicletta.

Oltre a questa fuga di piante lungo la maggior parte delle strade, si assiste, quando lo spazio si apre in slarghi e piazzette al fiorire di aiuole pubbliche che hanno tutto l'aspetto di essere gestite ancora una volta da privati cittadini, sempre mossi da quella che mi sembra una volontà di ingentilire e rendere più aggraziato il percorso di ogni giorno attraverso la città.


Abbiamo un giardino quando un qualche rappresentante del genere umano entra in relazione con qualche rappresentante del mondo vegetale.

La natura di questo rapporto poi, il grado di comunicazione che sarà possibile instaurare fra i rappresentanti di dei due regni e la complessità di interazioni che verranno a crearsi con gli animali e le sostanze minerali presenti sul posto, determineranno la natura del giardino. La sua salute e, oserei dire, la sua felicità.

martedì 23 agosto 2011

cerchi nella rugiada


©Chris Parsons, Dew Garden 1991


In partenza per un viaggio che mi porterà a nord. In terre di alberi e giardini.

domenica 21 agosto 2011

un cerchio nel prato


Metti un giorno una gita, ai margini di un bosco trovare un campo. Nel bosco hai raccolto foglie di felci e ricci di castagno. Una pigna. Nel prato trovi spighe, foglie di romice, fiori di achillea e tanto altro ancora. Ti aiuta un'amica, hai in progetto un cerchio nel prato, compimento di una promessa e augurio per la buona riuscita di un'impresa.

Lavori alla luce del sole, coi materiali del luogo. Creare un mandala vivente. Ordinare diversi elementi secondo un'armonia che risponde alla tua sensibilità, al tuo gusto per i giochi di colore, al piacere che provi giocando coi fiori.

Prima di allontanarti e lasciare al prato questo cerchio, che se ne appropri secondo i suoi tempi, lo contempli. Respiri profondo. Ti porti a casa la nostalgia per un altro mondo. Quello dove, per la prima volta, creasti un simile cerchio. 

You took a trip one day, you came across a field on the edge of a wood where you picked fern leaves and chestnut husks. And a pine cone. In the meadow you found grass spikelets, sorrel leaves and yarrow flowers. A friend is helping you in your findings and doings. There you assembled a "meadow circle", the fulfillment of a promise and a good luck sign for someone's wishes.

You did everything under the light of the sun, using local materials, creating a living mandala. You followed your sense of beauty , a taste for harmoniously arranged colours and the pleasure you feel when playing with flowers.


Before walking away and leaving your circle to the natural elements all around, you contemplated it. You took a long breath. A sudden longing for a different world took you. The same one where you first envisioned and did create one such circle.

sabato 4 giugno 2011

Un giardino di parole

a lungo ho cercato una definizione di giardino che potesse abbracciare i molteplici significati che questa parola racchiude, evoca e abbraccia per me. non l'ho trovata nei dizionari, non l'ho trovata nelle tesi di laurea, nei testi per gli addetti ai lavori, raramente ho condiviso a questo proposito il punto di vista dei nuovi professionisti del verde... il giardino è un'estensione della casa, una salotto all'aperto... definizioni di comodo.

un giardino si esprime manifestandosi ai sensi, al di là delle parole.

una vista presa in prestito - a indicare la voglia del giardino di entrare in relazione con il paesaggio intorno, a volte persino tentando di escluderlo ma pur sempre prendendolo in considerazione; un muro di confine, meglio se realizzato con materiali del posto e secondo le tradizioni locali -  a suggerire la voglia del giardino di definire un suo mondo, la sua individualità; un portoncino, un cancello, meglio se rustico e se scricchiola sui cardini - una soglia ben definita, il punto attraverso cui entro ed esco dal giardino; e sentieri, in terra battuta, che si insinuano fra la vegetazione come correnti in un mare spumeggiante di colori.

un giardino come il mare, mai uguale a se stesso eppure certo della sua identità, del suo odore, dei suoi colori. e come maree le stagioni che fanno montare la vegetazione, a onde, si increspa di verde il giardino... e quindi la ritirano, nella terra riposa ogni anno il giardino.

mercoledì 18 maggio 2011

A lavoro

"Bisogna costruire un'intelligenza nuova per fare in modo che il giardino non sia considerato come un oggetto ma come qualcosa che vive, nel tempo, attraverso la cura del giardiniere e, quindi, qualcosa di intimamente connesso alla vita delle piante, degli animali, dell'ecosistema. Questa è l'essenza del giardinaggio che però, purtroppo, molto spesso resta totalmente ignorata. Succede che si impieghino notevoli risorse per realizzare dei progetti ma poi mancano i fondi per mantenerli e per formare i giardinieri che abbiano coscienza di questa complessità, e questo è terribile"

Gilles Clément, in Nove Giardini Planetari a cura di Alessandro Rocca (2007)


"We need to promote a new understanding, so that gardens won't be considered as sheer objects any more, but as something living over time, and thanks to a gardener's care, and thus intimately connected to the life of plants and animals and the whole ecosystem. This is the essence of gardening, though, unfortunately, so often completely ignored. What happens is that considerable amounts of money are spent over new developments, only to find out that no funds will be available to keep them and to train gardeners so that they may acknowledge such complexity - and this is awful"

Gilles Clément, in Nove Giardini Planetari (Italy, 2007

giovedì 28 aprile 2011

La ruota dell'anno

Oggi qualcuno ha detto "chi corre perde l'ombra". Come a dire che perde qalcosa di essenziale di sé, ciò che ci rende umani fino in fondo...
Così ogni attività che ci richiede di fermarci e respirare e sentire come stiamo in questo momento e osservare quello che sta succedendo intorno e dentro di noi ci offre un'occasione per ritrovare il passo che ci appartiene e ritrovarci con gli strati più profondi di noi stessi.
Così è col giardinaggio, ti insegna la pazienza e la cura. Allora può capitare che volevi fare bella figura con gli amici e hai seminato il prato nuovo, ma l'erba non è cresciuta in tempo per il tuo party. Hai steso un prato a rotoli, era stupendo appena l'hai acquistato, ma ora della festa si è ammalato. Oppure hai il rimpianto perché quell'azalea era davvero spettacolare tutta in fiore, e adesso che hai gli invitati, fa l'effetto di una sala del cinema quando accendono le luci dopo l'ultimo spettacolo. Ecco, in giardino, niente e nessuno corre, sta a te accordarti al ritmo dei giorni che passano.
Così può capitare che una sera di primavera, dopo qualche ora, come tante, passata all'aperto a rinvasare, seminare, spostare; potare, eliminare, raccogliere; vagliare, bagnare, pacciamare ti ritrovi coi tralci lunghi di un caprifoglio che hai contenuto perché non invada il terrazzo dei tuoi vicini e intrecci una ghirlanda, guardi le ombre del tramonto e ti dici "è ora di rientrare".

domenica 27 febbraio 2011

Una questione di integrità

Parlano di noi. Raccontano quello in cui crediamo, dicono chi siamo. Sono gli alberi che vediamo in giro nei nostri parchi e nei giardini. Sono le piante mutilate, sbrancate, capitozzate che parlano per conto dei loro proprietari... Sento le voci di questi ultimi e i loro giri di parole quando non vogliono ammettere quello che provano... diciamo di amare gli alberi, la verità è che abbiamo paura che crescano liberi e vigorosi, che siano floridi e ricchi di frutti; ai nostri occhi non fanno che sporcare coi loro frutti e con le foglie che intasano le nostre grondaie, imbrattano lo scivolo dell'autorimessa, soffocano l'erba; e poi fanno polvere; attirano gli insetti; temiamo che cadano, che si abbattano sul tetto, che si schiantino sulla casa del vicino. Non dormiamo la notte perché abbiamo paura. Abbiamo PAURA dei nostri alberi...

Un uccello vede in un albero un'occasione per ripararsi, un'eventuale fonte di nutrimento e riposo, un territorio da difendere; un cane l'opportunità per fare i suoi bisogni; un gatto l'occasione per affilarsi le unghie, per andare a caccia e farsi un riposino; insetti e altre piante poi, muschi e licheni, vivono del sistema albero. Noi invece vediamo un albero e abbiamo paura. Paura della sua forza, paura della sua bellezza. Paura del suo vigore, della sua pervicacia, della sua autonomia. In fondo non vogliamo che sia libero di esprimersi, portare a compimento il disegno della sua forma, il progetto che era racchiuso nel suo seme. Siamo quasi infastiditi dalla sua determinazione a portare avanti il suo compito, la sua missione - essere ciò che è.

Forse perché abbiamo tradito noi stessi il nostro intento originale, quello in cui credevamo, il nostro ideale, i nostri sogni. Chi volevamo essere, chi volevamo diventare? Per un albero o un filo d'erba è più semplice, loro seguono un disegno ben preciso, tanto è vero che anche se li tagliamo, li amputiamo, li capitozziamo, pazientemente tendono a ricostruire quella forma, a ridare espressione a quel modello ideale di pianta a cui aspirano. Noi ci perdiamo più facilmente.

Allevare una pianta non è semplicemente piegarla, costringerla nella forma e nelle dimensioni che fanno comodo a noi. Allevare una pianta è condurla pazientemente e sapientemente a esprimere le potenzialità della sua specie in accordo con il suo, per così dire, "carattere personale" - sviluppatosi in seguito alla sua storia particolare, alle condizioni di giacitura e composizione del terreno in cui cresce, alla vicinanza di altre piante, edifici e manufatti, all'esposizione alle avversità che ha incontrato, alle intemperie, agli attacchi parassitari e non da ultimo a interventi "manutentivi" impropri.

Allevare una pianta - come qualsiasi altro essere vivente - è una responsabilità, è un richiamo continuo al nostro stesso percorso, all'espressione delle nostre stesse potenzialità e a quello che di noi possiamo offrire alla collettività quando noi stessi avremo raggiunto la nostra maturità e saremo pronti a fiorire e portare frutti.

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Allora, che cosa fare? Diffondere e promuovere una cultura di rispetto e cura per i nostri alberi - lo ha fatto recentemente la LIPU con la pubblicazione di un Dossier che merita di essere diffuso a tutti i cittadini e a tutte le Amministrazioni Pubbliche su tutto il territorio nazionale e lo ha fatto il Comune di Torino con la Pubblicazione del Manuale per Tecnici del Verde Urbano. Denunciare ai Sindaci e ai Settori competenti i casi di errata gestione e mal governo del patrimonio arboreo comune coi relativi danni che ne conseguono alla cittadinanza, come hanno fatto in maniera pacata ed esemplare le maestre della Scuola Elementare di Dolo, in provincia di Venezia. Rivolgersi a professionisti di comprovata esperienza ogni qualvolta abbiamo bisogno di fare una valutazione e intervenire sui nostri alberi e nei nostri giardini, qui un esempio eccellente. Se siete dei giardinieri, astenetevi da interventi che ritenete inutili e dannosi per le piante anche a costo di perdere un potenziale cliente; sappiate che là fuori c'è tutta una serie di persone, possessori di piante e giardini che non aspettano che trovare un giardiniere qualificato in grado di prendersi cura dei propri alberi. Eseguite potature di cui essere fieri, siate sicuri che un bambino possa guardare con gioia e serenità il lavoro che avete appena eseguito.

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Per quanti dei miei lettori poi "somatizzano" - non possono cioè fare a meno di accusare un senso di malessere e un dolore quasi fisico di fronte allo spettacolo di capitozzature e dannose e inutili mutilazioni della chioma degli alberi nei nostri parchi e giardini, oltre alle azioni di cui sopra, consiglio una piccola pratica di riequilibrio.

Osservate il misfatto, se le capitozature sono state inflitte a più piante come su di un filare o a un intero gruppo di alberi può essere utile sceglierne una singolarmente, rimanete per qualche minuto nel disagio che vi causa. Cercate di percepire dove si colloca nel vostro corpo - negli arti? allo sterno, al plesso solare? a livello degli occhi? - e di quale colore si tinge - è rabbia? impotenza? indignazione? sconforto? dispiacere? paura?

Primo passo. Prendetevi qualche minuto per accogliere questa sensazione e le emozioni e i pensieri che suscita in voi. State con lei e quindi ritrovate il centro del vostro equilibrio, osservate il vostro stato da una certa distanza.

Secondo passo. Siate certi che l'albero in questione sta vivendo questa esperienza su un piano diverso dal nostro. Esso non giudica, semplicemente mobiliterà tutte le risorse che possiede - riserve energetiche a livello delle radici e del fusto, gemme quiescienti, etc. - e metterà in atto tutte le soluzioni che conosce - compartimentazione, callo cicatriziale, etc. - per far fronte e possibilmente rimediare al danno subito.

Terzo passo. Collegatevi all'immagine intatta dell'albero così come ve lo ricordate, se lo frequentavate e lo conoscevate già da prima, o così come è propria di quella determinata specie. A questo proposito può essere utile, una volta identificata la specie dell'albero in questione, cercarne l'immagine di un esemplare sano e vigoroso, o anche il disegno della sua silouette ideale. Rimanete con questa immagine, coltivatela dentro di voi ed entrate in risonanza con l'albero vicino a voi. Sentite quello che succede allora, e scambiatevi un abbraccio con il vostro albero.

giovedì 17 febbraio 2011

sognando l'estate

I giardini più riusciti sono un perfetto equilibrio di ordine e caos. La tensione creata da questo equilibrio costantemente minacciato è il battito cardiaco del giardino. (Il giardino perduto, H. Humphreys)

The best gardens are a perfect balance of order and chaos. The tension created by this constant threatened balance is the pulse of the garden itself. (The Lost Garden, Helen Humphreys)


mercoledì 19 gennaio 2011

Un disegno comune

“Le cooperative sociali sono morte”. Fa lui. “La cooperazione è morta”. So che non parla tanto per dire qualcosa. E allora mi chiedo che cosa intenda, Sandro, affermando una cosa così. Lui che “nel sociale” lavora da ventitré anni ed è mio collega da dieci anni, quando siamo nati proprio come Cooperativa Sociale.

Realtà complesse, sviluppatesi a partire da esperienze di volontariato e laboratori protetti da cui aspiravano a differenziarsi, le Cooperative Sociali fanno dell’aspetto produttivo e imprenditoriale, della occasione di produrre degli utili per poter vivere autonomamente all’interno del mercato un punto cardine della loro realizzazione. Che sia stato questo aspetto, il loro stesso punto di forza, ad averne decretato contemporaneamente il successo e “la morte”?

E di quale morte stiamo parlando se le cooperative sociali rappresentano in Italia un'importante realtà, sia sotto il profilo occupazionale sia per quel che riguarda l'erogazione di servizi, con una crescita significativa in questi ultimi anni, come si evince da un recente e interessante rapporto?

È cambiata la società in seno alla quale fiorirono originariamente queste esperienze, sono cambiate le aspirazioni di quanti si trovano a dar vita, oggi, a queste nuove realtà nelle quali il mio collega Sandro forse non riconosce più nulla dello spirito che animava le cooperative d’antan.

Che “fare cooperativa” sia divenuto sinonimo di “fare impresa” nella misura in cui se fallisci come impresa hai comunque fallito come cooperativa? Ma avere successo come impresa significa automaticamente avere successo come cooperativa? È importante soffermarsi su questo aspetto.

Che concentrandoci sulla nostra propria sopravvivenza economica abbiano perso di vista, come cooperative, l’importanza del revisionare e rinnovare costantemente il senso del nostro esserci e operare quotidiano?

Abbiamo trascurato gli aspetti più filosofici della nostra identità? Abbiamo cessato di porci le domande fondamentali: chi siamo? da dove veniamo? dove stiamo andando?

Abbiamo insistito sulla “dignità” del lavoro – il lavoro inteso come strumento principale di riabilitazione sociale – spesso dimenticandoci che cosa sia un lavoro dignitoso, imponendoci grandi sacrifici a fronte di soddisfazioni spesso limitate pur di sopravvivere sul mercato. Siamo ancora così certi che inserire le persone su questo mercato, a queste condizioni, sia “la cosa giusta”? lo strumento più adeguato per restituire loro autostima e dignità sociale? Dobbiamo farcele queste domande.

E che ne è del “legame con il territorio” che da sempre contraddistingue le cooperative sociali? come siamo stati capaci di onorarlo e approfondirlo facendo sì che le nostre attività lascino un territorio più ricco - in termini di creatività, cultura, bellezza, riconoscenza per tutto ciò che ci offre - riespetto a quello che abbiamo trovato? o questo legame, con il tempo, è andato sempre più assottigliandosi e riducendosi a un rapporto più strettamente utilitaristico come è vero per la maggior parte delle aziende sul mercato?

E infine come abbiamo promosso e qualificato la crescita – professionale e personale – dei nostri operatori sociali? Perché, se è vero che “per fare le cooperative ci vogliono le persone” voglio credere nella possibilità che anche le cooperative fanno le persone all'occorrenza.

Se dovessi suggerire dove cercare, oggi, ispirazione e nuovi stimoli per rianimare le cooperative con lo spirito di un tempo nella sua veste più matura e aggiornata, rivolgerei la mia attenzione alla realtà emergente degli ecovillaggi.

In queste nuove realtà sembra che si stia manifestando in maniera consapevole ed equilibrata un nuovo equilibrio fra "economia" (aspetti sociali ed economici), "persona" (aspetti culturali e filosofici) e "territorio" (aspetti ecologici). Equilibrio che, a mio avviso, dobbiamo nuovamente ricercare e riscoprire come cooperative se vogliamo onorare il nostro originale intento volto al "perseguimento dell’interesse generale della comunità alla promozione umana e all’integrazione sociale dei cittadini."

Immagini scattate presso l'Ecovillaggio di Findhorn nell'aprile 2009

martedì 11 gennaio 2011

A caccia di forme nel giardino

Intorno agli edifici della Fondazione Le Madri a Rolo, Reggio Emilia, si estende un giardino che mi ha stregato dal primo momento in cui lo vidi, un anno fa, al buio, sotto un manto di neve.

Mi ero recato presso la Fondazione per seguire un corso sui cosmogrammi biodinamici ed ecco questo giardino fu l'introduzione pratica - e vivente - agli argomenti che avremmo esplorato in aula.

La forma, le forme del vivente e come si organizzano fra loro, come si inseriscono in un paesaggio, come danno vita a un intero paesaggio e in questo caso a un giardino.

Tutto è curvilineo, biomorfo. Il terreno, altrimenti piatto nella campagna circostante, è stato generosamente modellato qui per ricavare una superficie ricca di movimenti e dislivelli - ora più dolci, ora più accentuati - sempre in equilibrio fra loro e con i corpi d'acqua e le masse vegetali che ospitano.

I percorsi sono allegri e ricchi di sorprese, portano il visitatore alla scoperta del giardino accompagnandolo lungo corsi d'acqua e prati d'erba alta, per insinuarsi nel folto di un boschetto, riuscire in uno spazio aperto e montare quindi dolcemente su per una collinetta.

Anche un osservatore distratto rimarrebbe colpito poi dalla ricchezza e dalla varietà di alberi e arbusti, suffrutici e erbe presenti.

Le siepi hanno le forme più belle, e insolite, e tuttavia armoniche ed equilibrate, che ci si potrebbe aspettare a seconda delle diverse specie, bosso e ligustro soprattutto. Proprio come se il loro autore, il giardiniere, avesse interrogato loro, le piante, prima di metter mano a forbici e cesoie, e così l'accrescimento di un ramo in una direzione, un vuoto nell'altra, sono stati i punti di partenza, l'ispirazione per modellare le siepi secondo forme e linee di forza proprie di quella specie e particolarmente per quel soggetto lì, cresciuto in quelle determinate condizioni di esposizione, temperatura, umidità etc.

E ancora bei gruppi di crespino, rose rugose, giaggioli e ginestre, fra gli altri, disegnano altre siepi e aiuole a fare da sfondo alle fioriture dei prati. I margini delle aree a boschetto contano frangole, noccioli e cornioli.

Gli alberi appartengono anch’essi a numerose specie fra cui ricordo aceri, carpini, farnie, pioppi, betulle, persino alcuni abeti sul versante esposto a nord di una delle collinette, e alcuni susini da fiore. Per lo più vigorose e in ottima salute, soltanto più tardi avrei scoperto con mano che sono fatte oggetto di un trattamento di cura particolare attraverso l’applicazione di una pasta per tronchi per nutrirle e aumentarne le difese da eventuali parassiti che si annidano fra le fessure della corteccia.

Allo stesso modo l’architettura degli edifici esistenti è stata come ammorbidita e resa più organica dall’inserimento di linee curve e forme arrotondate.

Letture consigliate:

L'uomo, sintesi armonica delle attività creatrici universali - R. Steiner, Ed. Antroposofica

Il Giardino Biodinamico - P. Pistis, Ed. Logos

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